ARTRITE REUMATOIDE - PROTESI
Inviato: 17/06/2009, 16:52
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ARTRITE REUMATOIDE - PROTESICominciata da lorichi
FORUM SULLE MALATTIE CRONICHE AUTOIMMUNI DEL GRUPPO REUM AMICI > BIBLIOTECA APERTA A TUTTI
Parte 1 di 1
lorichi8/1/2009, 09:33
Si può prevedere già nel primo anno di malattia analizzando tre parametri
Una protesi d'anca
Succede a uno su quattro. I malati di artrite reumatoide si trovano a volte a dover sostituire una grossa articolazione perché è troppo deteriorata dalla malattia: secondo una ricerca dell'Università di Lund, in Svezia, chi dovrà sostituire ginocchio, anca, spalla o gomito per colpa dell'artrite si può individuare già nelle prime fasi della malattia. Basta valutare parametri come la proteina C-reattiva, il tasso di sedimentazione eritrocitaria e le radiografie delle piccole articolazioni entro un anno dall'esordio dell'artrite.
ARTROPLASTICA – I risultati, pubblicati sugli Annals of Rheumatic Diseases, arrivano da uno studio condotto su 183 pazienti con artrite reumatoide seguiti per 16 anni. Persone giovani, che hanno incontrato la malattia molto presto: l'età media dei partecipanti è infatti di 51 anni. Durante i 16 anni di osservazione il 58 per cento di loro si è dovuto sottoporre alla sostituzione di un'articolazione per un totale di 386 artroplastiche, che per lo più hanno coinvolto anca o ginocchio. Dall'analisi statistica dei loro dati è emerso che gli interventi sono più probabili in chi ha nel sangue elevati livelli di proteina C-reattiva o un tasso di sedimentazione eritrocitaria alto, ma anche in chi presenta alterazioni delle piccole articolazioni visibili nelle radiografie effettuate nel primo anno dalla comparsa dei sintomi. Secondo gli autori, aver individuato questi “indizi” è utile per calibrare al meglio le cure e prevenire la disabilità essendo più aggressivi nei casi dov'è necessario. Perché ricorrere a un'artroplastica è pur sempre una dichiarazione di fallimento, come conferma Clodoveo Ferri, direttore del Dipartimento di Reumatologia del Policlinico Universitario di Modena: «Dover sostituire un'articolazione significa non essere riusciti a tenere sotto controllo la malattia. E gli indici segnalati dai ricercatori svedesi, in fondo, sono abbastanza scontati: tutti segnalano la presenza di una flogosi massiccia, e ovviamente se c'è più infiammazione significa che l'artrite è più aggressiva ed è quindi più probabile finire sotto i ferri».
PROGESSI – «Non bisognerebbe comunque arrivare a tanto, e per fortuna i casi di sostituzione delle articolazioni in questi malati sono in costante diminuzione», osserva Ferri. Merito dell'avvento dei biologici e delle cure attuali, di certo più efficaci di quelle di qualche anno fa. I dati degli svedesi lo dimostrano: «Mi sembrano più la fotografia di un recente passato che della situazione di oggi, per cui non credo possano avere una reale ricaduta pratica», osserva l'esperto. «Nell'era pre-biologici arrivavano spesso pazienti malridotti, con esiti talmente gravi di danni ai muscoli e alle articolazioni che l'artroplastica diventava indispensabile. Ora non succede quasi più, gli interventi sono una rarità. Un esempio per capire quanto sia cambiato il panorama e quindi la vita dei malati? In passato fra gli interventi più frequenti nel nostro reparto c'erano l'artrocentesi e le infiltrazioni con acido osmico alle ginocchia dei pazienti, perché i farmaci non riuscivano a controllare l'infiammazione in articolazioni grandi come queste. Negli ultimi 3, 4 anni il numero di procedure è calato in modo clamoroso e non le facciamo quasi più”, racconta Ferri. «Negli ultimi dieci anni tutto è cambiato: abbiamo molte più armi a disposizione e riusciamo a gestire al meglio un numero sempre maggiore di pazienti: i casi davvero gravi, in cui la terapia medica fallisce e si è costretti all'artroplastica, sono sempre più rari».
FONTE: CORRIERE DELLA SERA - SALUTE
Parte 1 di 1
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Parte 1 di 1
lorichi8/1/2009, 09:33
Si può prevedere già nel primo anno di malattia analizzando tre parametri
Una protesi d'anca
Succede a uno su quattro. I malati di artrite reumatoide si trovano a volte a dover sostituire una grossa articolazione perché è troppo deteriorata dalla malattia: secondo una ricerca dell'Università di Lund, in Svezia, chi dovrà sostituire ginocchio, anca, spalla o gomito per colpa dell'artrite si può individuare già nelle prime fasi della malattia. Basta valutare parametri come la proteina C-reattiva, il tasso di sedimentazione eritrocitaria e le radiografie delle piccole articolazioni entro un anno dall'esordio dell'artrite.
ARTROPLASTICA – I risultati, pubblicati sugli Annals of Rheumatic Diseases, arrivano da uno studio condotto su 183 pazienti con artrite reumatoide seguiti per 16 anni. Persone giovani, che hanno incontrato la malattia molto presto: l'età media dei partecipanti è infatti di 51 anni. Durante i 16 anni di osservazione il 58 per cento di loro si è dovuto sottoporre alla sostituzione di un'articolazione per un totale di 386 artroplastiche, che per lo più hanno coinvolto anca o ginocchio. Dall'analisi statistica dei loro dati è emerso che gli interventi sono più probabili in chi ha nel sangue elevati livelli di proteina C-reattiva o un tasso di sedimentazione eritrocitaria alto, ma anche in chi presenta alterazioni delle piccole articolazioni visibili nelle radiografie effettuate nel primo anno dalla comparsa dei sintomi. Secondo gli autori, aver individuato questi “indizi” è utile per calibrare al meglio le cure e prevenire la disabilità essendo più aggressivi nei casi dov'è necessario. Perché ricorrere a un'artroplastica è pur sempre una dichiarazione di fallimento, come conferma Clodoveo Ferri, direttore del Dipartimento di Reumatologia del Policlinico Universitario di Modena: «Dover sostituire un'articolazione significa non essere riusciti a tenere sotto controllo la malattia. E gli indici segnalati dai ricercatori svedesi, in fondo, sono abbastanza scontati: tutti segnalano la presenza di una flogosi massiccia, e ovviamente se c'è più infiammazione significa che l'artrite è più aggressiva ed è quindi più probabile finire sotto i ferri».
PROGESSI – «Non bisognerebbe comunque arrivare a tanto, e per fortuna i casi di sostituzione delle articolazioni in questi malati sono in costante diminuzione», osserva Ferri. Merito dell'avvento dei biologici e delle cure attuali, di certo più efficaci di quelle di qualche anno fa. I dati degli svedesi lo dimostrano: «Mi sembrano più la fotografia di un recente passato che della situazione di oggi, per cui non credo possano avere una reale ricaduta pratica», osserva l'esperto. «Nell'era pre-biologici arrivavano spesso pazienti malridotti, con esiti talmente gravi di danni ai muscoli e alle articolazioni che l'artroplastica diventava indispensabile. Ora non succede quasi più, gli interventi sono una rarità. Un esempio per capire quanto sia cambiato il panorama e quindi la vita dei malati? In passato fra gli interventi più frequenti nel nostro reparto c'erano l'artrocentesi e le infiltrazioni con acido osmico alle ginocchia dei pazienti, perché i farmaci non riuscivano a controllare l'infiammazione in articolazioni grandi come queste. Negli ultimi 3, 4 anni il numero di procedure è calato in modo clamoroso e non le facciamo quasi più”, racconta Ferri. «Negli ultimi dieci anni tutto è cambiato: abbiamo molte più armi a disposizione e riusciamo a gestire al meglio un numero sempre maggiore di pazienti: i casi davvero gravi, in cui la terapia medica fallisce e si è costretti all'artroplastica, sono sempre più rari».
FONTE: CORRIERE DELLA SERA - SALUTE
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