Pagina 1 di 1

PERCHE' I DOLORI AL MATTINO

Inviato: 28/06/2009, 11:19
da lorichi
Versione stampabile della discussione
Perché i dolori sono al mattinoCominciata da gaia66
FORUM SULLE MALATTIE CRONICHE AUTOIMMUNI DEL GRUPPO REUM AMICI > BIBLIOTECA APERTA A TUTTI
Parte 1 di 1
gaia6625/6/2009, 15:39
Articolo sulle "nostre" malattie su Repubblica Salute.
Una cosa mi è sembrata interessante, fra le altre: la questione dell'orario di assunzione del cortisone. Se non ricordo male era una questione già discussa sul forum, e qui nell'articolo porta acqua al mulino di chi sostiene che il cortisone andrebbe assunto la sera prima di andare a dormire, invece che al mattino.

Perché i dolori sono al mattino

Le articolazioni soffrono di notte Ricerche illustrate al convegno dei reumatologi europei rivelano che durante il sonno si acuisce l'attacco a ossa e muscoli. Le nuove terapie


di Johann Rossi Mason

Copenhagen
Organismo e ambiente sono correlati e si influenzano reciprocamente più di quanto possiamo immaginare: la notte dormiamo perché non c'è la luce, ma il nostro corpo fa ancora di più, utilizza le ore notturne per lavorare alacremente. Fissa i ricordi nella memoria e mette in moto il sistema immunitario. Le energie del giorno infatti, servono a far funzionare muscoli, cuore, cervello. La notte alcuni sistemi vanno in stand by e lasciano il passo ad altri affascinanti meccanismi. Molti degli studi presentati all'EULAR 2009, il Congresso Annuale dei Reumatologi Europei che si è appena concluso a Copenhagen, vertevano proprio sugli effetti dei fattori ambientali di sviluppo e controllo di malattie quali l'artrite reumatoide.
Li spiega Maurizio Cutolo, direttore della Clinica Reumatologica dell'Università di Genova e prossimo presidente esecutivo dell'EULAR 2010 che si svolgerà a Roma: "Le funzioni biologiche del nostro corpo è regolato dai ritmi circadiani, in parole povere, quelli regolano il ciclo sonno-veglia. Durante la notte viene prodotto e immesso in circolo il cortisolo, un ormone con funzioni antinfiammatorie ed immunosoppressive, mentre all'inizio della notte aumenta la melatonina che, oltre ad indurre sonno, si comporta da attivatore della risposta immune. Proprio nelle ore del sonno quindi il sistema immunitario si attiva energicamente per produrre citochine e fattori che sono finalizzati a combattere le infiammazioni, infezioni incluse".
"È dimostrato", continua Cutolo, "che nei pazienti affetti da artrite reumatoide in fase attiva non solo il ritmo di questi ormoni è alterato, ma anche la loro quantità è alterata, come il cortisolo che è ridotto. Il che è la principale motivazione del fatto che al risveglio questi malati presentano una maggiore intensità dei sintomi clinici dell'infiammazione, come dolore, rigidità e gonfiore delle articolazioni. Fattori che combattono le infiammazioni come il TNF e la interleuchina-6 in questi pazienti presentano valori circa 10 volte più elevati che in pazienti sani, una cascata biochimica che affatica notevolmente l'organismo".
Scoperte che hanno avuto importanti ricadute anche nel modo di somministrare le terapie: "Dare il cortisone al mattino non ha più senso, perché la cascata immunitaria che aggredisce le articolazioni si è già verificata. Abbiamo allora cambiato approccio e provato a somministrare il cortisone nel mezzo della notte seguendo appunto i ritmi circadiani, in una forma che assunta alle 22 ne rilascia i principi attivi intorno alle 3 di notte, quando veramente serve per combattere l'infiammazione. I risultati strabilianti sono stati pubblicati su Lancet. Una rivoluzione: al risveglio i pazienti hanno mostrato enormi benefici in termini di miglioramento dei sintomi, circa il 50%".
Una ricerca francese ha evidenziato poi come la stagione di esordio di alcune malattie reumatiche sia un indicatore della progressione della malattia. In pratica, i soggetti che sviluppano i primi sintomi in inverno o in primavera mostrano una progressione della patologia più veloce per danni alle articolazioni (valutati radiologicamente) rispetto a quelli che la sviluppano in estate. Sembrerebbe che fattori ambientali (carenza di vitamina D o virus influenzali) intervengano nei meccanismi immunitari, alterandoli. Spiega Gael Mouterde, del Dipartimento di Immuno-radiologia dell'ospedale Lapeyronie di Montpellier: "Questi fattori ambientali più frequenti nella stagione fredda influiscono su un singolare meccanismo chiamato "citrullinazione" delle proteine, un fenomeno frequente nelle infiammazioni. E infatti anticorpi anti-proteine citrullinate sono spesso presenti nel sistema immune dei soggetti con artrite reumatoide".
Un altro aspetto su cui si è insistito è come la diagnosi e la terapia precoce siano l'unico modo per limitare danni e invalidità: nei pazienti con artrite reumatoide l'aspettativa di vita si contrae di 3-7 anni circa arrivando a 15 anni nelle forme più severe. Il 10% dei malati inoltre diventa disabile in circa 10 anni. Il dottor Jesper Olsen, direttore del Laboratorio di Ricerca dell'ospedale universitario di Copenhagen, ha denunciato una generale mancanza di conoscenza delle malattie autoimmuni anche nei medici di base, il che significa spesso circa un anno di ritardo nella diagnosi. Incredibile, se si pensa che si tratta di un gruppo di malattie croniche che interessa oltre 180 milioni di persone nel mondo. "Eppure è così", conferma Olsen, "i moderni farmaci biologici a base di anticorpi monoclonali consentono un miglioramento immediato, ma soprattutto impediscono che l'aggressione immunitaria diretta verso le articolazioni le danneggi definitivamente".
Gli anticorpi monoclonali (in sigla MAB, vedi box a pagina 10) continuano ad essere i protagonisti delle terapie. Tra i più nuovi, l'adalimumab, disponibile con una penna predosata simile a quella usata per l'insulina, da somministrare ogni una o due settimane anche a domicilio del paziente.
Il golimumab invece è si è dimostrato efficace anche su malati di artrite reumatoide già trattati con farmaci anti-TNF, ottenendo dopo 4 settimane di iniezioni sottocute miglioramenti significativi dei segni e sintomi alla settimana 24 in confronto al placebo. Lo ha appurato lo studio GO-AFTER, presentato sempre a Copenaghen, coordinato da Josef S. Smolen, direttore del Dipartimento di Reumatologia all'Università di Vienna. "Un risultato incoraggiante per i pazienti con artrite reumatoide attiva di grado moderato-severo già trattati in precedenza con farmaci anti TNF", ha spiegato Robert J. Spiegel, chief medical officer dello Schering-Plough Research Institute.
Uno studio norvegese condotto dalla dottoressa Marianne Wallenius ha poi svelato come alle donne senza figli vengano diagnosticate alcune malattie reumatiche (inclusa la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica e quella reumatoide) in media 5.2 anni prima di quelle che hanno avuto uno o più bambini. Spiega la dottoressa: "Questo non significa che le donne con figli abbiano una protezione completa nei confronti della malattia, ma che avere bambini può ritardare lo sviluppo dei sintomi". Il che comunque comporta il guadagno di un significativo numero di anni in uno stato di buona salute.
Un aspetto ancora poco tenuto in considerazione è come insieme alle malattie reumatiche insorgano vari disturbi mentali, con depressione in cima alla lista. Secondo uno studio di Paola Tomietto dell'università di Trieste soffre di ansia e depressione il 92,8 per cento dei pazienti affetti da Lupus che influisce in maniera significativa sulla percezione della qualità di vita. Una delle risposte possibili è quella di fare esercizio fisico regolare. Lo spiega Miguel Sousa dell'Istituto Portoghese di Dermatologia: "Quando le articolazioni sono rigide e doloranti pensi che l'esercizio fisico sia l'ultima cosa che ti serva, invece abbiamo dimostrato che non solo migliora lo stato fisico e mentale ma che rimanere attivi riduce il bisogno di farmaci nel 62% dei soggetti studiati".

Da Repubblica Salute del 26/06/2009
Parte 1 di 1
Powered by ForumCommunity.net · Powered by Invision Power Board © 2002 IPS, Inc.