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LA COLITE ULCEROSA CANCELLA LE EMOZIONI POSITIVE

Inviato: 18/12/2010, 18:12
da lorichi
http://www.corriere.it/salute/10_dicemb ... aabc.shtml

La colite ulcerosa "cancella"
le emozioni positive
Le alterazioni cerebrali portano a una "disfunzione emotiva" nei pazienti. Ma farsi sopraffare dai pensieri negativi può peggiorare la malattia



(Corbis) MILANO - La colite ulcerosa è una malattia difficile da sopportare, che comporta stress e ansia. Non solo: un gruppo di ricercatori bolognesi ha appena scoperto che si associa a vere e proprie modifiche cerebrali in aree connesse alle emozioni. Per colpa di queste alterazioni i pazienti sono come "anestetizzati" nei confronti delle emozioni positive e ciò, per giunta, crea un circolo vizioso che può peggiorare ulteriormente le condizioni dei malati.
RISONANZA MAGNETICA - I dati, pubblicati su Inflammatory Bowel Disease arrivano dal gastroenterologo Massimo Campieri e i suoi collaboratori del policlinico Sant'Orsola di Bologna. I ricercatori hanno sottoposto a risonanza magnetica funzionale dieci pazienti con colite ulcerosa e dieci persone sane mentre eseguivano test che coinvolgevano stimoli emotivi visivi: in pratica, venivano mostrate foto dal contenuto emotivo neutro, negativo o positivo. Netta la differenza: quando ai pazienti venivano presentati stimoli emotivi positivi, in alcune regioni cerebrali (amigdala, talamo e aree del cervelletto) il flusso di sangue diminuiva, a indicare una minore attività.

EMOZIONI - Amigdala e talamo fanno parte del sistema limbico, strettamente coinvolto con la percezione e l'elaborazione delle emozioni; queste aree, secondo la teoria dell'asse cervello-intestino, sarebbero in diretta connessione con il sistema nervoso enterico, la "branca" del sistema nervoso autonomo che governa le funzioni dell'apparato digerente. «L'asse cervello-intestino è ciò che può spiegare, a livello biologico, gli effetti biopsicosociali della patologia intestinale: se c'è questo "dialogo" fra cervello e apparato digerente, le emozioni possono influenzare le funzioni intestinali e viceversa», spiega Massimo Campieri. Il fatto che la colite ulcerosa abbia potenti effetti negativi sulla psiche non viene messo in dubbio: è una malattia cronica con fasi di quiete e recidive improvvise e imprevedibili in cui i sintomi, come la diarrea, possono essere molto pesanti e quindi creare un forte disagio psicologico. E si sa anche che emozioni negative e stress possono peggiorare la malattia, favorendo le ricadute. Lo studio dei bolognesi aggiunge un tassello in più a questi dati clinici: ha infatti permesso di "vedere" che il sistema limbico ha in effetti una funzionalità alterata nei pazienti, che di fatto sono meno sensibili alle emozioni positive come gioia o benessere. Come se la malattia li avesse precipitati in un mondo dove c'è spazio solo per la sofferenza.

CIRCOLO VIZIOSO - «Non siamo ancora in grado di dire se sia l'alterazione della funzionalità intestinale a compromettere l'attività cerebrale o viceversa - dice Campieri -. Da una parte sappiamo, per esempio, che le citochine infiammatorie prodotte con la malattia possono arrivare al cervello e quindi influenzare i circuiti neuronali; dall'altra è noto che alterazioni dell'attività emotiva e cerebrale hanno ripercussioni sulla salute. Di recente si è dimostrato che le persone con una maggior tendenza a vivere con positività e gioia hanno un sistema immunitario che funziona meglio». Il contrario accade a chi si lascia sopraffare dalle emozioni negative; di fatto si crea un circolo vizioso in cui la malattia intestinale favorisce una visione pessimista della vita, che a sua volta peggiora i sintomi della colite. «I nostri pazienti, peraltro, erano tutti in un periodo di remissione: significa che le alterazioni delle emozioni si manifestano a prescindere dalle fasi della malattia», aggiunge il gastroenterologo. I dati dei bolognesi, oltre a essere una prova in più dell'esistenza di un "dialogo" fra cervello e intestino, hanno anche altre implicazioni: «La tendenza dei pazienti a non vivere le emozioni positive ci indica che dobbiamo aiutarli di più dal punto di vista psicologico, cercando di spronarli a reagire, a provare a convivere con maggior serenità con il loro problema», conclude Campieri.

Elena Meli
17 dicembre 2010

DA: CORRIERE DELLA SAERA - SALUTE