A me è successo spesso... ad esempio con questi due occhioni:
OCCHI
Mattina presto, freddo bastardo, treno per Ivrea.
Binario unico, carrozza che ondeggia di continuo e sembra deragliare da un momento all'altro.
Rottura di coglioni infinita. E sonno... un sonno impietoso. Dovrò decidermi, prima o poi, a fare domanda alle serali.
Ne ho almeno per un'ora. Chiudo gli occhi, provo a dormicchiare un po'.
Dieci minuti al massimo e un'onda anomala per poco non mi schiaccia come un insetto sul vetro.
E, specchiati su quel vetro, quegli occhi.
Avrà sedici o diciassette anni, non di più.
Ha l'eye liner che le disegna appena il contorno superiore di quegli occhi grandissimi.
Chiari, vergini, ma opachi di tristezza.
Sono occhi di lago: di quell'acqua ferma, immobile, che nasconde misteri indicibili.
Si volta, mi guarda un attimo, poi risponde al cellulare.
- No, ormai son partita, va bene così.
Tace, mentre dall'altra parte una voce maschile, alterata, adulta, nel silenzio arriva fino a me, anche se non colgo le parole.
- Devi lasciarmi in pace, ok? Ti ho detto che va bene così: deve andare bene anche a te!
Chiude la comunicazione, il telefono riprende a squillare, lei lo spegne.
Mi guarda un attimo e io mi fingo interessata al controllore che sta arrivando fino a noi.
- Biglietti, prego!
Tiro fuori l'abbonamento dalla borsa, mentre lei rovista nella sua alla ricerca del biglietto.
Tra ciprie e rossetti avvisto un tanga di pizzo nero e, a un certo punto, una pistola.
Il tutto accade in pochi secondi e il controllore, impegnato ad esaminare per bene il mio abbonamento, non se ne accorge affatto. Guarda anche il suo biglietto e se ne va.
Incrocio di nuovo quegli occhi di lago: fermati, ragazza, qualunque cosa tu abbia in mente!
Spero che mi senta, anche se non riesco a pronunciare una parola.
Mi guarda anche lei, come per dirmi: "Sta' zitta, non sai nemmeno di che parli!".
Un attimo dopo è già in piedi, pronta a scendere dal treno, con la sua grande borsa e l'infinito mistero dei suoi occhi.
La guardo dal finestrino, mentre imbocca il sottopassaggio e mi fissa ancora un attimo.
Le nostre vite si sono incontrate per un istante e ogni giorno che a quell'attimo è seguito ho sempre pensato che della sua, forse, quello era l'ultimo.
(Mi scuso per le parolacce, ma in "letteratura" tutto è concesso

