ARTRITE REUMATOIDE - SVELATO L'IDENTIKIT
Inviato: 18/06/2009, 15:32
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Artrite reumatoide: svelato l'identikitCominciata da francescahermione
FORUM SULLE MALATTIE CRONICHE AUTOIMMUNI DEL GRUPPO REUM AMICI > BIBLIOTECA APERTA A TUTTI
Parte 1 di 1
francescahermione29/1/2009, 13:57
Artrite reumatoide: svelato l’identikit
Dopo anni di ricerche, all’Università Cattolica di Roma è stato messo a punto un metodo per individuare i linfociti T responsabili di questa invalidante patologia autoimmune. Il metodo consentirà di individuare la malattia prima che ne insorgano i sintomi.
Un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica di Roma è riuscito a individuare il tipo di cellule T che causano l’artrite reumatoide, un'invalidante malattia autoimmune, che colpisce circa una persona ogni cento, soprattutto donne.
Come tutte le malattie autoimmuni, è caratterizzata dal fatto che le difese immunitarie del nostro corpo (i linfociti) anziché attaccare agenti patogeni esterni, dirigono i propri eserciti contro le cellule del “self”, le cellule dello stesso organismo che devono difendere. “Oggi non esiste un metodo per seguire i linfociti T nei pazienti autoimmuni, benché questi siano sempre stati ritenuti responsabili dell’insorgere della malattia”, spiega Francesco Ria, professore associato dell’Istituto di Patologia generale dell’Università Cattolica di Roma e uno degli autori dell’articolo uscito sull’ultimo numero di Arthritis Research & Therapy. “A partire dallo studio dei topi, siamo arrivati a trovare il modo per seguire le cellule T responsabili dell’artrite reumatoide anche nell’uomo”.
L’infiammazione che causa l’artrite reumatoide colpisce per prima la cartilagine, una specie di impalcatura fatta di proteine, all’interno della quale si dispongono le cellule ossee. “Una delle proteine più importanti della cartilagine è il collagene”, spiega un altro autore dell’articolo, Gianfranco Ferraccioli, professore ordinario di reumatologia all’Università Cattolica. “Questa proteina è sempre stata ritenuta l’obiettivo contro cui la reazione autoimmune nell’artrite reumatoide si scatenava. Per smascherare i tipi specifici di cellule T associate alla malattia, abbiamo individuato proprio un pezzo particolare del collagene, un peptide. Ma ci siamo riusciti utilizzando un metodo molto più sensibile di quelli usati finora”. La tecnica innovativa è stata brevettata ed è in corso di riconoscimento internazionale.
A partire da quanto osservato sul primo paziente, i ricercatori hanno scoperto che anche gli altri pazienti utilizzano per circa i tre quarti le stesse famiglie di cellule T. Non solo: anche i parenti sani dei malati possiedono cellule T specifiche per il collagene. Che però sono di tipo leggermente diverso rispetto a quelle presenti nei soggetti che sviluppano l’artrite. Inoltre, a conferma del legame fra questi linfociti e la malattia, quando la malattia scompare in seguito alla terapia, scompaiono anche questi gruppi di cellule T. “In sostanza”, aggiunge Francesco Ria, “riusciamo a seguire l’andamento clinico dei pazienti. Ma la cosa davvero interessante è che, apparentemente, riusciamo anche a prevedere le ricadute. Queste cellule, infatti, ricompaiono prima ancora che il paziente mostri i sintomi della malattia. Se questo verrà confermato, si tratterebbe di uno strumento diagnostico formidabile: i danni più gravi e irreversibili avvengono nella prima fase della malattia”, sottolinea il patologo. “Grazie all’impiego di terapie mirate sulle cellule T” – conclude Gianfranco Ferraccioli – è possibile ritenere, che un intervento precoce possa spegnere realisticamente la malattia sin dalle primissime fasi”.
Rimangono aperti molti filoni di ricerca. Nei topi è stato osservato che il set di cellule T caratteristico degli individui sani viene perso nel momento in cui al topo viene somministrato l’antigene che porta alla malattia. E non vengono più ricostituite. È dunque questo set di linfociti T “sani” a proteggerci contro l’insorgere della malattia? Ancora non lo sappiamo. La ricerca continua.
FONTE: http://www2.unicatt.it/pls/catnews/cons ... gina=14309
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francescahermione29/1/2009, 13:57
Artrite reumatoide: svelato l’identikit
Dopo anni di ricerche, all’Università Cattolica di Roma è stato messo a punto un metodo per individuare i linfociti T responsabili di questa invalidante patologia autoimmune. Il metodo consentirà di individuare la malattia prima che ne insorgano i sintomi.
Un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica di Roma è riuscito a individuare il tipo di cellule T che causano l’artrite reumatoide, un'invalidante malattia autoimmune, che colpisce circa una persona ogni cento, soprattutto donne.
Come tutte le malattie autoimmuni, è caratterizzata dal fatto che le difese immunitarie del nostro corpo (i linfociti) anziché attaccare agenti patogeni esterni, dirigono i propri eserciti contro le cellule del “self”, le cellule dello stesso organismo che devono difendere. “Oggi non esiste un metodo per seguire i linfociti T nei pazienti autoimmuni, benché questi siano sempre stati ritenuti responsabili dell’insorgere della malattia”, spiega Francesco Ria, professore associato dell’Istituto di Patologia generale dell’Università Cattolica di Roma e uno degli autori dell’articolo uscito sull’ultimo numero di Arthritis Research & Therapy. “A partire dallo studio dei topi, siamo arrivati a trovare il modo per seguire le cellule T responsabili dell’artrite reumatoide anche nell’uomo”.
L’infiammazione che causa l’artrite reumatoide colpisce per prima la cartilagine, una specie di impalcatura fatta di proteine, all’interno della quale si dispongono le cellule ossee. “Una delle proteine più importanti della cartilagine è il collagene”, spiega un altro autore dell’articolo, Gianfranco Ferraccioli, professore ordinario di reumatologia all’Università Cattolica. “Questa proteina è sempre stata ritenuta l’obiettivo contro cui la reazione autoimmune nell’artrite reumatoide si scatenava. Per smascherare i tipi specifici di cellule T associate alla malattia, abbiamo individuato proprio un pezzo particolare del collagene, un peptide. Ma ci siamo riusciti utilizzando un metodo molto più sensibile di quelli usati finora”. La tecnica innovativa è stata brevettata ed è in corso di riconoscimento internazionale.
A partire da quanto osservato sul primo paziente, i ricercatori hanno scoperto che anche gli altri pazienti utilizzano per circa i tre quarti le stesse famiglie di cellule T. Non solo: anche i parenti sani dei malati possiedono cellule T specifiche per il collagene. Che però sono di tipo leggermente diverso rispetto a quelle presenti nei soggetti che sviluppano l’artrite. Inoltre, a conferma del legame fra questi linfociti e la malattia, quando la malattia scompare in seguito alla terapia, scompaiono anche questi gruppi di cellule T. “In sostanza”, aggiunge Francesco Ria, “riusciamo a seguire l’andamento clinico dei pazienti. Ma la cosa davvero interessante è che, apparentemente, riusciamo anche a prevedere le ricadute. Queste cellule, infatti, ricompaiono prima ancora che il paziente mostri i sintomi della malattia. Se questo verrà confermato, si tratterebbe di uno strumento diagnostico formidabile: i danni più gravi e irreversibili avvengono nella prima fase della malattia”, sottolinea il patologo. “Grazie all’impiego di terapie mirate sulle cellule T” – conclude Gianfranco Ferraccioli – è possibile ritenere, che un intervento precoce possa spegnere realisticamente la malattia sin dalle primissime fasi”.
Rimangono aperti molti filoni di ricerca. Nei topi è stato osservato che il set di cellule T caratteristico degli individui sani viene perso nel momento in cui al topo viene somministrato l’antigene che porta alla malattia. E non vengono più ricostituite. È dunque questo set di linfociti T “sani” a proteggerci contro l’insorgere della malattia? Ancora non lo sappiamo. La ricerca continua.
FONTE: http://www2.unicatt.it/pls/catnews/cons ... gina=14309
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