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SCLERODERMIA - PREVENZIONE FERITE SULLA PELLE

Inviato: 18/06/2009, 15:40
da lorichi
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Sclerodermia, come prevenire le ferite sulla pelleCominciata da rosaria1956
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rosaria195619/3/2009, 10:03
da: http://www.corriere.it/salute/reumatolo ... aabc.shtml


STUDIO ITALIANO

Sclerodermia, come prevenire le ferite sulla pelle
Contro le ulcere cutanee è opportuno assicurarsi che il sistema cardiovascolare funzioni a dovere

È una delle conseguenze più comuni della sclerosi sistemica: la pelle si spacca e le ferite sono dolorosissime, difficili da guarire. Oggi una ricerca tutta italiana, in uscita a marzo sul Journal of the American Academy of Dermatology, spiega quali fattori di rischio favoriscono la comparsa delle ulcere cutanee e che cosa si può fare per prevenirle e curarle.

DATI ITALIANI – Gli autori, della Divisione di Reumatologia dell'Università Cattolica di Roma, hanno studiato per 20 mesi un gruppo di 130 pazienti con sclerosi sistemica, scoprendo che le radici delle ulcere cutanee sono nel sistema cardiovascolare e che forse l'atteggiamento attuale per la terapia va rivisto. I motivi li spiega Gianfranco Ferraccioli, direttore della Divisione di Reumatologia al Gemelli e coordinatore della ricerca: «Finora si è sempre pensato che nei pazienti vi fosse una microangiopatia trombotica: in parole semplici, nei piccoli vasi cutanei ci sarebbe la tendenza a formare trombi che impediscono al sangue di arrivare ai tessuti; questi, privi di nutrimento, subiscono un'ischemia che poi si manifesta attraverso l'ulcera. Il problema quindi, secondo questa teoria, nasce e si sviluppa a livello dei microvasi e il trattamento comincia solo quando si manifesta il sintomo-ulcera», spiega Ferraccioli. «Noi siamo partiti da un concetto diverso, ovvero dal fatto che riteniamo ci sia nei pazienti una malattia vascolare in senso più ampio, non solo a carico dei piccoli vasi. Così ci siamo messi a rivalutare tutti i fattori generali e locali che potessero favorire le ulcere: dagli elementi sistemici (come la presenza di sindrome metabolica, insufficienza respiratoria o cardiaca, abitudine al fumo) a quelli dei microvasi (la presenza di fattori angiogenetici e la predisposizione alla trombosi)».

PICCOLI E GRANDI VASI – La ricerca ha dato i suoi frutti: «Ci siamo accorti che di base c'è un problema diffuso e non specifico dei vasi della pelle», dice Ferraccioli. «Tanto più il paziente ha una compromissione dei vasi dei grandi organi e quindi complicanze macrovascolari, quanto più sono frequenti eventi trombotici microvascolari che poi portano alla formazione delle ulcere». In altri termini se c'è un'infiammazione generalizzata e un problema macroscopico a livello cardiovascolare, ad esempio un'insufficienza cardiaca più o meno consistente, il rischio di andare incontro a ulcere cutanee aumenta perché sono più probabili anche le lesioni ai piccoli vasi. Il fattore di rischio cruciale? La tendenza all'aggregazione delle piastrine, che a livello generale provoca danni vascolari e nei microvasi porta dritta dritta alla formazione dei trombi, con tutto ciò che ne deriva. Da qui la piccola rivoluzione suggerita dai reumatologi romani: se il problema non nasce nei piccoli vasi, ma origina da disturbi più generali, anche la cura deve essere necessariamente diversa.

PREVENZIONE E TRATTAMENTO – «Per prevenire e curare le ulcere occorre infatti intervenire sui disturbi cardiovascolari generali, anche se sono di poco conto: un piccolo deficit senza troppe conseguenze a livello sistemico può comportare una lesione dei microvasi che apre la strada alle ulcere cutanee», spiega Ferraccioli. «Dobbiamo perciò migliorare la funzione respiratoria e cardiaca dei pazienti, ridurre l'infiammazione e assicurarci che non abbiano tendenza all'aggregazione delle piastrine, eventualmente prescrivendo una cura antiaggregante. Prevenire le lesioni iniziali degli organi o dell'intero sistema cardiovascolare significa prevenire i danni ai piccoli vasi e quindi le ulcere cutanee: intervenire solo sui microvasi, come si è fatto finora, significa rincorrere il problema senza affrontarlo alla radice né prevenirlo», conclude il reumatologo.

Elena Meli
02 marzo 2009


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