il post che segue è lo stesso che ho scritto sul mio blog, ma questa volta ho preferito postarlo anche qua, per avere uno scambio di opinioni su questa triste tematica.
Se vi va mi piacerebbe cosa pensate di queste persone, se avete avuto esperienze in tal senso ecc...
Un dolce abbraccio a tutti!

Qual è la forza che permette a un individuo di realizzare un progetto che porterà benefici ad altri individui?
Qual è il meccanismo che innescherà una reazione a catena di atti e fatti che daranno luogo a un reale cambiamento?
Ma soprattutto qual è il sentimento che sarà in grado di far smuovere le montagne, di trasformare una mentalità alimentata per secoli di insensibilità a una di consapevolezza e di portare la luce là dove il buio e le tenebre regnano sovrane?
“LA COMPASSIONE”, l’immedesimarsi nell’altro e fare ad egli ciò che vorremo fosse fatto a noi.
E qui, non parlo in termini puramente spirituali, ma molto, molto concreti e realistici, il termine compassione inteso come un sentimento che al di là del suo significato religioso presiede nei gesti e nei pensieri di chi ha uno spirito di giustizia e di semplice e puro amore per la vita, per gli uomini e per l’uguaglianza di tutti i suoi simili.
Ieri, vi ho segnalato la fiction di rai uno.. ”La città dei matti” e per come vi avevo promesso, oggi sono qui a scrivere un post sull’argomento.
Non intendo affrontarlo narrandovi la storia dello psichiatra in questione ne del lungo percorso e cambiamento che portò all’abolizione dei manicomi, perché suppongo che abbiate visto il film, il quale spiega pressappoco come si arriva a quel cambiamento, e perché chiunque fosse interessato a quel lungo percorso burocratico e politico, può semplicemente soddisfare la propria voglia di sapere attraverso libri e web.
Ciò di cui voglio parlare oggi, sono LORO…..I MATTI!
Quando studiai le tecniche di riabilitazione, la psicologia dei gruppi ecc.., era chiaramente tutta teoria e l’idea di applicare talune metodologie e approcci, sembravano essere ottimi strumenti, tecniche che avrebbero permesso a me come a tanti altri operatori di svolgere un adeguato lavoro, ma….
Fra il dire e il fare, ce ne vuole e tutto ciò che lessi nei libri sicuramente mi aiutò quando ebbi il primo contatto con i pazienti delle strutture sanitarie, ma quello che scopri e che non era contemplato sui testi era un mondo a parte, diverso se pur simile a quello che comunemente vedevo scorrere nella vita quotidiana….solo che là….tutto era “nero su bianco”.
Diagnosi e terapie scritte per…Maria, Antonietta, Giuseppe, Giovanni…….
Uomini e donne, che fino a quel momento prima di conoscerli erano “i degenti delle strutture psichiatriche e delle comunità terapeutiche” citati sui libri e che d’un tratto erano esseri umani proprio come me, dotati di sensibilità e di emozioni forti come la rabbia e il dispiacere, proprio come tutti noi.
Con questo non voglio dire che stavano bene, ma di certo non erano “I MALATI”…in senso dispregiativo.
E’ vero anche che ci sono diversi tipi di patologie e che in base alla gravità della malattia i soggetti sono più o meno aggressivi, ma questa è un’altra storia, così come è un’altra storia il semplice fatto che così come nel mondo dei cosiddetti sani di mente vi sono soggetti più buoni ed altri meno buoni, ma tutti considerati esseri umani, anche in queste strutture si trovano persone di diversa estrazione sociale e con tanti tipi di carattere, buoni e meno buoni.
Il mio primo ingresso in una struttura di questo tipo, seguì dopo lunghi giorni di emozione per avere ricevuto finalmente l’incarico in ospedale, un occasione per mettere a frutto le mie conoscenze e i miei studi, ma altrettanti quesiti e preoccupazioni del tipo…”Sono aggressivi?, Potrò realmente comunicarci?, Capirò le loro reazioni? E soprattutto…potrò davvero aiutarli?”
Lo scoprì quasi subito come quegli esseri “diversi”, erano simili a me, ma molto più sfortunati di me!
Ricordo ancora quel giorno quando entrai quasi in punta di piedi, ma con l’atteggiamento tipico del novello operatore sociale che sa cosa fare, pur non sapendo cosa fare!
Ehehe….è così!
Ci si prende un titolo, crediamo di avere raggiunto una parte del mondo che ad altri non è dato arrivare, ci si crede di avere capito e saputo tutto quello che c’era da sapere su quelle malattie, sulle loro diagnosi e percorsi curativi, ci si ricarica di buon ottimismo e si è convinti di cambiare il mondo, ma quando sei dentro, quando quelle vite non sono più diagnosi e terapie, ma esseri umani che invocano il loro essere riconosciuti come individui solo più sfortunati e che cercano affetto, ecco che si deve rimettere in discussione tutto!
Pensi che la legge Basaglia abbia prodotto bene i suoi frutti, e in realtà, da un punto di vista formale è così….
Nuove strutture, non più ospedale psichiatrico, ma Centri Residenziali uomini e donne, Comunità terapeutiche, Centri di Riabilitazione, Centri Diurni, Case Famiglia ecc…
Ogni struttura con le proprie prerogative, con i propri metodi e soprattutto non più metodi violenti e disumani nel rapporto con i pazienti….niente più elettroschock, niente abusi, niente segregazioni, non ci sono più esseri umani costretti a nuotare fra le proprie urine o a scansare le feci altrui che volavano da un capo all’altro della stanza ecc..
Che dire….abbiamo fatto passi da gigante, eppure…
Eppure senti e vedi che non tutti hanno accettato questa legge, che non ha tutti ha prodotto un reale cambiamento intimo e profondo e me ne accorsi quando fra una comunità e un’altra, fra una struttura e un'altra gli stessi responsabili, reagivano ai progetti di riabilitazione per i pazienti, in modo differente.
Trovai il dirigente che soddisfatto del mio lavoro mi incitava a progettare insieme a lui e agli altri operatori nuove tecniche, ammirando e soddisfacendosi dei piccoli, ma speranzosi risultati che avevamo ottenuto.
Trovai altresì dirigenti che quando presentai la richiesta del materiale per potere lavorare con i degenti, mi fece una sorta di romanzina dicendomi che bastava un foglio e qualche colore, qualche pastello, perché tanto quegli individui sarebbero rimasti quello che erano…”Dei pazzi, dei disadattati ecc..per cui non aveva senso spendere delle risorse per ciò che non produceva frutto”
E’ inutile dirvi che da questo mio pressare affinchè potessi davvero lavorare e non fregarmi lo stipendio offrendo solo la mia presenza e nient’altro diede molto, ma molto fastidio…..
Ma non siamo qui per parlare di me, ma di queste persone che hanno tanto da offrire ad ognuno di noi.
E credetemi non sono solo parole, o un modo poetico per narrare una triste realtà offrendole un primo posto fra le meravigliose manifestazioni che i più deboli e più indifesi sanno donare a chi si sente già arrivato o sano di mente.
Le loro vite segnate da storie terribili e crudeli, da una eccessiva reazione emotiva nell’affrontare le difficoltà della vita, quelli che erano lì sin dalla più tenera età perché lasciati dai genitori che li avevano avuti da relazione extraconiugali…quindi bimbi sani, o nati con qualche piccolo difetto fisico, ma che costituivano per alcuni una insopportabile visione di ciò che avevano prodotto.
Quindi non tutti sono entrati lì perché malati, ma molti lo sono diventati grazie agli elettroschock o alla impossibile coabitazione fra individui sani e malati.
Avete visto il film ieri sera…credetemi non c’è niente di irreale o di idealizzato e esaltato in quelle scene….è sfortunatamente tutto reale, e quello che avete visto è solo una piccola, piccolissima parte di un’esistenza segnata per molti che porta il nome di “peso sociale”.
Ricordo ancora quando attraversando i corridoi dell’ospedale psichiatrico, ( perché è stata chiusa la concezione dell’ospedale psichiatrico, ma non la struttura che adesso è riformata, ma pur sempre esistente) incontrai una piccola donna, alta poco più di 1,20, che parlava ad alta voce e piangeva, poi rideva e poi si fermava a guardare la gente.
Chiesi ad alcune persone che cosa avesse questa donna e mi dissero solo che era lì da quando aveva tre anni………………….
Nella mia mente si accavallarono immagini di una sua possibile esistenza trascorsa dietro quelle mura, in compagnia di gente davvero malata e con carcerieri al posto di operatori e infermieri….Dio, lo ricordo come se fosse ora quel momento, in cui attendevo di entrare dal dirigente sanitario per discutere di alcune questioni legate al mio lavoro, ma dovetti allontanarmi da quel luogo in quando il dolore e la tristezza non mi permettevano nemmeno di pronunciare una sola parola.
Quando cominciai a lavorare con loro e ad ascoltare alcuni dei loro racconti,( non di tutti, perché non tutti avevano il lusso di saper parlare e di esprimersi dopo anni di prigionia e di vita non-vita ) mi persi fra le loro vite, fra le loro speranze, fra le loro piccole conquiste….
Nei loro sguardi c’era la profondità di un mondo a loro ormai lontano, ma vicino e vivo nei ricordi….un mondo in cui nessuno può entrare se non sono loro stessi a prenderti per mano e a condurti….è l’unica cosa che ancora gli appartiene.
Era un mondo nuovo, un mondo che avevo sempre avuto vicino, ma che ritenevo diverso…un mondo che adesso vedevo, un mondo in cui potei entrare!
Si, era un mondo diverso, ma lo avevano reso i “sani di mente” così, perché quella gente, prima di essere rinchiusa la dentro era gente simile a me, gente che avrebbe potuto superare le proprie difficoltà qualora ci fossero state realmente, semplicemente con mezzi diversi, come quelli che oggi dopo tante lotte e affermazioni dei diritti disponiamo.
Mi colpì anche la storia di un uomo che era lì da subito dopo la guerra, dopo che tentò il suicidio per i ricordi di tutta quella violenza generata dal conflitto e da allora sviluppò una patologia che non gli permise di ritornare più alla “normalità”.
E allora ti chiedi in quel preciso momento, cosa avviene nella mente di un individuo quando non riesce a reggere al dolore della società, o come quando Maria ( una donna ospite in comunità) non resse al dolore e alla rabbia di avere perso un figlio e alla separazione successiva con il marito, con la conseguenza che venne rinchiusa in ospedale.
E ti chiedi perché alcuni reagiscono in un modo e altri in un altro, ma soprattutto perché per tanto tempo siano stati costretti a vivere condizioni disumane in nome di un rifiuto della società verso le proprie paure, un po’ come dichiarò proprio Basaglia quando in una conferenza, dopo l’omicidio compiuto da un uomo in libertà vigilata dall’ospedale psichiatrico, uccise la propria moglie.
Egli sosteneva che in quelle strutture, ospedali pschiatrici, orfanotrofi… confiniamo più che la gente, le nostre paure e le nostre incapacità….e mi chiedo io, che altro sarebbe se non questo?
Ancora oggi, nonostante l’affermazione dei diritti degli individui, possiamo vedere e toccare con mano come colui che è “diverso” sia confinato non più nei manicomi, ma di certo allontanato dalla società, vittima ancora una volta di un sistema in cui solo chi ha la fortuna di nascere già potente, con la camicia e con un colore di pelle giusto, potrà non rimanere vittima della sua “malattia” o della sua difficoltà e diversità.
Ho visto ragazze che nel loro fiorire hanno avuto spezzato il gambo della vita, piccole donne che eccessivamente sensibili non sono riuscite a gestire bene la propria vita e sono finite dentro un sistema che adesso le ha già catalogate, e qualora questo avviene, difficilmente si ritorna ad avere una vita normale, perché saranno sempre viste come le “matte”.
Ragazzi ritenuti mentalmente instabili perché la società in cui vive non è riuscita a rispondere al suo disagio e al contempo ne ha amplificato sue difficoltà, ragazzi che non vedranno mai concretizzare una vita semplice ma vera.
Infatti, siamo convinti che tutto sia finito con la chiusura dei manicomi? O che le leggi che tutelano i più deboli possano realmente fare la differenza?
Pensate che la gente abbia capito e accettato l’altro come un individuo meritevole di rispetto e di tutela, un essere che ha semplicemente bisogno di aiuto e non di classificazione e di pietà?
Pensate che oggi, non vengano considerati come degli appestati?
Pensate che le famiglie abbiano sostegno e aiuti davvero concreti e che ci sia una reale accettazione del “malato psichiatrico”?
Oggi, forse più di ieri c’è tanta gente che ha capito, ma ce n’è altrettanta che considera la legge Basaglia un errore e anche quando non lo dice apertamente opera come un essere al di sopra di loro, colui che può ancora trattarli come sottospecie, considerarli come untori e appestati, e sperare in cuor suo che arrivi presto un cambiamento di rotta e si ritorni a pulire questa società dai matti e dai pesi sociali intesi come bisognosi sotto diverse forme.
Forse bisognerebbe chiedersi chi sono veramente i matti.
Quelli che ho conosciuto io erano e sono esseri umani meno fortunati di altri, uomini che per un qualche motivo stanno vivendo una condizione diversa dalla nostra, ma che un tempo….qualunque tempo sia stato, sono stati esseri umani come noi.
Chi si reputa “sano” scagli la prima pietra…..io la mia l’ho l’ho lasciata cadere.