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lorichi
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Parte 1 di 1
lorichi7/6/2009, 11:05
Riabilitazione in vacanza

La villeggiatura è un'opportunità Dopo un intervento, per riprendere la normale funzionalità, è utile fare movimento al mare o in montagna. Ecco come


di Fabio Lodispoto

Il caldo e i centri di fisioterapia che chiudono per ferie, fanno spesso desistere chi deve sottoporsi a un intervento ortopedico in estate e rimandare l'operazione a settembre. Una occasione mancata: più tempo libero e spazi aperti, in vacanza, sono una opportunità per riabilitare in modo eccellente gli arti operati. Al mare, come in montagna l'acqua, ad esempio, è una risorsa insostituibile per mobilizzare i segmenti operati, sgonfiare gli edemi post operatori e migliorare la circolazione. Non solo: la sabbia, i prati falciati e la terra sono terreni incoerenti che calpestati a piedi nudi migliorano la propriocettività e accelerano il recupero del controllo neuro-muscolare sulle estremità ancora incerte dopo un intervento. Anche un sentiero in montagna si può trasformare in una palestra per la fisioterapia degli arti, sfruttando le irregolarità del terreno e gli ostacoli per recuperare forza e ampiezza di movimento in ginocchia e caviglie ancora sofferenti o in una schiena anchilosata da un intervento recente.

Piede e caviglia
Che si tratti di una frattura dei malleoli, di una distorsione dei legamenti della caviglia, di una correzione chirurgica dell'alluce valgo o di un altro intervento, poco importa: il decorso post operatorio presenta un comune denominatore: l'edema. Sono liquidi che gonfiano la parte operata e che per la posizione declive stentano ad essere riassorbiti. È un fenomeno normale dopo qualsiasi intervento ma che assume proporzioni più rilevanti quando ad essere interessato da un insulto chirurgico sono le estremità inferiori. Non solo: l'edema risulterà tanto più cospicuo tanto più la parte ha richiesto immobilizzazione, tanto più l'intervento è stato invasivo e tanto più il paziente è obeso. Anche l'eventuale presenza di varici e di insufficienza venosa rendono il gonfiore più severo e persistente. A tutto questo si oppone l'azione dell'acqua. Che sia quella salata della Sardegna o quella gelida di un lago valdostano, la pressione esercitata dal liquido sull'arto immerso spinge dolcemente gli edemi verso la circolazione venosa che drena e allontana così il gonfiore. Rinforza questa azione anche la temperatura dell'acqua: più è bassa, più si attiva la vasocostrizione. Un fenomeno che limita la formazione degli edemi e dei versamenti. Ma c'è di più: camminare immersi nell'acqua, grazie alla spinta idrostatica permette di scaricare parte del peso corporeo e di articolare il passo altrimenti sconsigliato o troppo doloroso fuori dall'acqua.
A giudizio della specialista e in ogni caso, dopo il primo periodo post operatorio, ove sia richiesto la immobilizzazione con gesso e il divieto di caricare, si dovrà approfittare del mare vicino o di un corso d'acqua o ancora di un laghetto per delle bravi passeggiate quotidiane in acqua. Bastano 15-20 minuti per riattivare il passo, e ridurre giorno, per giorno, dolore e gonfiore.

Ginocchia
La sabbia al mare, o un sentiero di montagna si possono trasformare in una eccellente palestra per la riabilitazione di un ginocchio operato ai legamenti o ai menischi o anche se ha subito un intervento maggiore di osteotomia o di impianto protesico. Basta cercare percorsi che offrono stimoli propriocettivi.
Superato l'immediato periodo di convalescenza post operatorio, il ginocchio è chirurgicamente guarito e la ferita rimarginata, ma l'arto è ancora insicuro e il controllo del passo e dei movimenti incerto. Perché risultano alterate le fini terminazioni nervose che si trovano nei legamenti, nelle capsule articolari e nei tendini. Queste terminazioni danno al cervello informazioni sulla posizione dell'arto, la velocità del movimento, la forza impiegata dai muscoli e sulle irregolarità e consistenza del terreno e per questo dette propriocettive. L'intervento danneggia questi circuiti, tanto che le informazioni giungono al cervello distorte o ritardate. Di qui il passo malfermo, il timore di un cedimento e il ginocchio rallentato nei movimenti. Per riallacciare i circuiti e ripristinare l'efficienza delle terminazioni propriocettive servono stimoli motori. Più sono vari, più perturbano l'automatismo del passo e più risultano validi. Dopo la prima fase della convalescenza e sempre secondo il giudizio dello specialista si dovranno scegliere percorsi di difficoltà crescente. Ad esempio, da prima un sentiero pianeggiante e senza ostacoli in una pineta o in riva al mare, poi percorsi con lievi ma continue variazioni di pendenza e qualche basso ostacolo da superare. Un crescendo di situazioni che possono portare in breve un giovane sportivo operato di ricostruzione del ligamento crociato a correre dopo circa tre mesi tra le pietre di un torrente asciutto, piuttosto che tra insidie di alte dune sabbiose. A settembre alla visita di controllo i risultati saranno apprezzabili.

Anca
Dopo una brutta frattura del bacino o un intervento di protesi, specie in pazienti anziani e con le ossa indebolite dall'osteoporosi il peso sull'arto operato viene di solito vietato per alcune settimane. È concesso da prima il passo con il girello e a carico sfiorante, quindi con le stampelle e poi, a giudizio dello specialista, il peso può essere gradualmente concesso fino a ritrovare la normale deambulazione. Prescrizioni che in vacanza possono essere assecondate in tutta sicurezza camminando immersi in acqua di mare e lungo una spiaggia e con un recupero muscolare e propriocettivo molto accelerato. In acqua il peso corporeo risulta infatti compensato dalla spinta dell'acqua e il passo può essere compiuto precocemente rispetto ad una fisioterapia praticata fuori dall'acqua. Non solo: la resistenza che l'acqua offre ai movimenti sollecita dolcemente la muscolatura e ne favorisce il recupero del tono e della forza. In tutta sicurezza e in tempi ristretti l'arto operato recupera in questo modo lo schema del passo e il controllo muscolare.
L'arto di solito gonfio nelle prime settimane dopo l'intervento, riceve dalla spinta idrostatica dell'acqua un valido coadiuvante nel recupero della circolazione venosa e linfatica e quindi nel drenaggio degli edemi. Un effetto valido anche come sopporto alla profilassi delle complicanze vascolari, come trombosi venose ed embolia, per le quali vengono di norma prescritte calze elastiche e anticoagulanti per circa trenta, quaranta giorni.

Schiena
La salute della schiena si mantiene con il movimento. Al contrario la immobilizzazione disidrata i dischi intervertebrali, riduce l'elasticità di muscoli e legamenti e rende dolente e limitata la flessione del busto e la prolungata stazione eretta. Si spiega così come dopo un'asportazione di ernia discale o di stabilizzazione vertebrale o specie dopo un esteso e invasivo intervento di correzione scoliotica, e al termine del periodo di ricovero e di immobilizzazione raccomandato dallo specialista, la schiena risulta rigida e dolente ai movimenti. Viene per questo prescritta una adeguata fisioterapia che prevede esercizi di mobilizzazione del rachide, stretching per decontrarre la muscolatura paravertebrale e la rieducazione posturale per riequilibrare tensioni, baricentro corporeo e portamento. Un lavoro complesso di recupero che in vacanza può essere perseguito anche su un sentiero o in una pineta. Per questo è necessario ricercare un percorso che richieda da prima modeste oscillazioni del busto come una semplice passeggiata e poi il superamento di ostacoli di difficoltà via, via crescenti come rami bassi e sottobosco che obbligano chi ha subito l'intervento a flessioni e torsioni della schiena. Ma anche una passeggiata alla ricerca di funghi e fragoline di bosco, lamponi, more e mirtilli possono coadiuvare un programma di rieducazione fisioterapica del rachide operato coi movimenti fisiologici di flessioni del busto necessari alla raccolta che sbloccano muscoli e ligamenti altrimenti "arrugginiti" dall'intervento e dall'immobilizzazione.

Spalla e gomito
Che si tratti di un intervento alla spalla artroscopico per la riparazione della cuffia dei rotatori o di un più invasivo intervento a cielo aperto per la riduzione e sintesi di una brutta frattura o ancora di un intervento maggiore di sostituzione protesica, la spalla dopo un'operazione e il relativo periodo di immobilizzazione, fatica a recuperare il movimento. Colpa delle aderenze che incollano muscoli, legamenti e capsula articolare. Un complicanza che compare costantemente anche a carico del gomito, se ha subito un intervento di riduzione e stabilizzazione per una frattura articolare o di riparazione dei legamenti. Le aderenze infatti si sviluppano a partire dal sangue travasato e dal tessuto cicatriziale che accompagna la guarigione dei tessuti.
Con il passare dei giorni il tessuto collagene si forma e si organizza in robusti tralci fibrosi e in un panno spesso e aderente che circonda la zona sofferente. Un processo di guarigione che tuttavia limita e rende dolenti i movimenti. Si oppone a questo fisiologico effetto il movimento e la fisioterapia che "forzano" l'articolazione bloccata. In vacanza l'opportunità di nuotare o compiere movimenti in acqua rappresentano una validissima occasione per riabilitare spalle e gomiti bloccati da un intervento o da un infortunio. Ma è possibile pure sfruttare le tante occasioni di movimento offerte presso un agriturismo dove si partecipa ad attività di raccolta dei frutti o a piccoli lavoretti di campagna o di artigianato. Il movimento e lo sforzo approvati naturalmente dallo specialista di riferimento, che sia indirizzato alla raccolta delle fragole o alla lavorazione della creta hanno tuttavia un unico denominatore comune: vincere le aderenze e recuperare progressivamente la libertà del movimento.
* Ortopedia e Traumatologia
Specialista in Medicina dello Sport Roma

DA INSERTO SALUTE DE LA REPUBBLICA 4/6/2009
Parte 1 di 1
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Nonnalory
Una cosa alla volta un giorno dopo l'altro
Sono nata cieca. A volte sono triste, ma poi penso ai ragazzi meno fortunati di me, quelli che mi prendono in giro. A loro è andata peggio. Sono nati senza cuore.
Cecilia Camellini (Campionessa olimpica alle paralimpiadi 2012)
A noi la malattia ci fa un baffo!
http://anoilamalattiacifaunbaffo.blogspot.com/


Tutto inizia nel 1975 con lombosciatalgia bilaterale e curata come tale, senza alcun risultato, per 12 anni. Nel 1987 diagnosi di Sacroileite alla quale nel 2007 si è aggiunta una Pancolite (infiammazione cronica dell'intestino), da metà dicembre 2007 diagnosi di spondiloartrite (ogni tanto cambia il nome della malattia, quello definitivo pare essere enteroartrite) farmaci: balzide per l'intestino, azatioprina, e, al bisogno, cortisone e indometacina per l'artrite. Ad aprile 2010 intervento di artroprotesi 4° dito mano dx.
Da novembre 2014 problemi di calo linfociti con conseguente sospensione di azatioprina. Da meta' marzo 2015 iniziato metotrexate che pero' ho dovuto sospendere dopo due mesi per sopraggiunti effetti collaterali. Nel 2015 diagnosi di gastrite cronica sempre causata dai problemi autoimmuni. Da novembre 2016 ripreso azatioprina e si e' aggiunta la psoriasi. A conti fatti la diagnosi attuale sembra essere artrite psorisiaca con infiammazione intestinale e gastrite tutto riconducibile ad autoimmunita'


Amicizia è la capacità di dare senza chiedere nulla.E' la spalla su cui piangere, è una mano che stringe la tua e ti consola.E' anche la capacità di ascoltare i silenzi, grazie per aver ascoltato i miei
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