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RIABILITAZIONE

Inviato: 18/06/2009, 15:51
da lorichi
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RIABILITAZIONECominciata da lorichi
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lorichi7/6/2009, 11:05
Riabilitazione in vacanza

La villeggiatura è un'opportunità Dopo un intervento, per riprendere la normale funzionalità, è utile fare movimento al mare o in montagna. Ecco come


di Fabio Lodispoto

Il caldo e i centri di fisioterapia che chiudono per ferie, fanno spesso desistere chi deve sottoporsi a un intervento ortopedico in estate e rimandare l'operazione a settembre. Una occasione mancata: più tempo libero e spazi aperti, in vacanza, sono una opportunità per riabilitare in modo eccellente gli arti operati. Al mare, come in montagna l'acqua, ad esempio, è una risorsa insostituibile per mobilizzare i segmenti operati, sgonfiare gli edemi post operatori e migliorare la circolazione. Non solo: la sabbia, i prati falciati e la terra sono terreni incoerenti che calpestati a piedi nudi migliorano la propriocettività e accelerano il recupero del controllo neuro-muscolare sulle estremità ancora incerte dopo un intervento. Anche un sentiero in montagna si può trasformare in una palestra per la fisioterapia degli arti, sfruttando le irregolarità del terreno e gli ostacoli per recuperare forza e ampiezza di movimento in ginocchia e caviglie ancora sofferenti o in una schiena anchilosata da un intervento recente.

Piede e caviglia
Che si tratti di una frattura dei malleoli, di una distorsione dei legamenti della caviglia, di una correzione chirurgica dell'alluce valgo o di un altro intervento, poco importa: il decorso post operatorio presenta un comune denominatore: l'edema. Sono liquidi che gonfiano la parte operata e che per la posizione declive stentano ad essere riassorbiti. È un fenomeno normale dopo qualsiasi intervento ma che assume proporzioni più rilevanti quando ad essere interessato da un insulto chirurgico sono le estremità inferiori. Non solo: l'edema risulterà tanto più cospicuo tanto più la parte ha richiesto immobilizzazione, tanto più l'intervento è stato invasivo e tanto più il paziente è obeso. Anche l'eventuale presenza di varici e di insufficienza venosa rendono il gonfiore più severo e persistente. A tutto questo si oppone l'azione dell'acqua. Che sia quella salata della Sardegna o quella gelida di un lago valdostano, la pressione esercitata dal liquido sull'arto immerso spinge dolcemente gli edemi verso la circolazione venosa che drena e allontana così il gonfiore. Rinforza questa azione anche la temperatura dell'acqua: più è bassa, più si attiva la vasocostrizione. Un fenomeno che limita la formazione degli edemi e dei versamenti. Ma c'è di più: camminare immersi nell'acqua, grazie alla spinta idrostatica permette di scaricare parte del peso corporeo e di articolare il passo altrimenti sconsigliato o troppo doloroso fuori dall'acqua.
A giudizio della specialista e in ogni caso, dopo il primo periodo post operatorio, ove sia richiesto la immobilizzazione con gesso e il divieto di caricare, si dovrà approfittare del mare vicino o di un corso d'acqua o ancora di un laghetto per delle bravi passeggiate quotidiane in acqua. Bastano 15-20 minuti per riattivare il passo, e ridurre giorno, per giorno, dolore e gonfiore.

Ginocchia
La sabbia al mare, o un sentiero di montagna si possono trasformare in una eccellente palestra per la riabilitazione di un ginocchio operato ai legamenti o ai menischi o anche se ha subito un intervento maggiore di osteotomia o di impianto protesico. Basta cercare percorsi che offrono stimoli propriocettivi.
Superato l'immediato periodo di convalescenza post operatorio, il ginocchio è chirurgicamente guarito e la ferita rimarginata, ma l'arto è ancora insicuro e il controllo del passo e dei movimenti incerto. Perché risultano alterate le fini terminazioni nervose che si trovano nei legamenti, nelle capsule articolari e nei tendini. Queste terminazioni danno al cervello informazioni sulla posizione dell'arto, la velocità del movimento, la forza impiegata dai muscoli e sulle irregolarità e consistenza del terreno e per questo dette propriocettive. L'intervento danneggia questi circuiti, tanto che le informazioni giungono al cervello distorte o ritardate. Di qui il passo malfermo, il timore di un cedimento e il ginocchio rallentato nei movimenti. Per riallacciare i circuiti e ripristinare l'efficienza delle terminazioni propriocettive servono stimoli motori. Più sono vari, più perturbano l'automatismo del passo e più risultano validi. Dopo la prima fase della convalescenza e sempre secondo il giudizio dello specialista si dovranno scegliere percorsi di difficoltà crescente. Ad esempio, da prima un sentiero pianeggiante e senza ostacoli in una pineta o in riva al mare, poi percorsi con lievi ma continue variazioni di pendenza e qualche basso ostacolo da superare. Un crescendo di situazioni che possono portare in breve un giovane sportivo operato di ricostruzione del ligamento crociato a correre dopo circa tre mesi tra le pietre di un torrente asciutto, piuttosto che tra insidie di alte dune sabbiose. A settembre alla visita di controllo i risultati saranno apprezzabili.

Anca
Dopo una brutta frattura del bacino o un intervento di protesi, specie in pazienti anziani e con le ossa indebolite dall'osteoporosi il peso sull'arto operato viene di solito vietato per alcune settimane. È concesso da prima il passo con il girello e a carico sfiorante, quindi con le stampelle e poi, a giudizio dello specialista, il peso può essere gradualmente concesso fino a ritrovare la normale deambulazione. Prescrizioni che in vacanza possono essere assecondate in tutta sicurezza camminando immersi in acqua di mare e lungo una spiaggia e con un recupero muscolare e propriocettivo molto accelerato. In acqua il peso corporeo risulta infatti compensato dalla spinta dell'acqua e il passo può essere compiuto precocemente rispetto ad una fisioterapia praticata fuori dall'acqua. Non solo: la resistenza che l'acqua offre ai movimenti sollecita dolcemente la muscolatura e ne favorisce il recupero del tono e della forza. In tutta sicurezza e in tempi ristretti l'arto operato recupera in questo modo lo schema del passo e il controllo muscolare.
L'arto di solito gonfio nelle prime settimane dopo l'intervento, riceve dalla spinta idrostatica dell'acqua un valido coadiuvante nel recupero della circolazione venosa e linfatica e quindi nel drenaggio degli edemi. Un effetto valido anche come sopporto alla profilassi delle complicanze vascolari, come trombosi venose ed embolia, per le quali vengono di norma prescritte calze elastiche e anticoagulanti per circa trenta, quaranta giorni.

Schiena
La salute della schiena si mantiene con il movimento. Al contrario la immobilizzazione disidrata i dischi intervertebrali, riduce l'elasticità di muscoli e legamenti e rende dolente e limitata la flessione del busto e la prolungata stazione eretta. Si spiega così come dopo un'asportazione di ernia discale o di stabilizzazione vertebrale o specie dopo un esteso e invasivo intervento di correzione scoliotica, e al termine del periodo di ricovero e di immobilizzazione raccomandato dallo specialista, la schiena risulta rigida e dolente ai movimenti. Viene per questo prescritta una adeguata fisioterapia che prevede esercizi di mobilizzazione del rachide, stretching per decontrarre la muscolatura paravertebrale e la rieducazione posturale per riequilibrare tensioni, baricentro corporeo e portamento. Un lavoro complesso di recupero che in vacanza può essere perseguito anche su un sentiero o in una pineta. Per questo è necessario ricercare un percorso che richieda da prima modeste oscillazioni del busto come una semplice passeggiata e poi il superamento di ostacoli di difficoltà via, via crescenti come rami bassi e sottobosco che obbligano chi ha subito l'intervento a flessioni e torsioni della schiena. Ma anche una passeggiata alla ricerca di funghi e fragoline di bosco, lamponi, more e mirtilli possono coadiuvare un programma di rieducazione fisioterapica del rachide operato coi movimenti fisiologici di flessioni del busto necessari alla raccolta che sbloccano muscoli e ligamenti altrimenti "arrugginiti" dall'intervento e dall'immobilizzazione.

Spalla e gomito
Che si tratti di un intervento alla spalla artroscopico per la riparazione della cuffia dei rotatori o di un più invasivo intervento a cielo aperto per la riduzione e sintesi di una brutta frattura o ancora di un intervento maggiore di sostituzione protesica, la spalla dopo un'operazione e il relativo periodo di immobilizzazione, fatica a recuperare il movimento. Colpa delle aderenze che incollano muscoli, legamenti e capsula articolare. Un complicanza che compare costantemente anche a carico del gomito, se ha subito un intervento di riduzione e stabilizzazione per una frattura articolare o di riparazione dei legamenti. Le aderenze infatti si sviluppano a partire dal sangue travasato e dal tessuto cicatriziale che accompagna la guarigione dei tessuti.
Con il passare dei giorni il tessuto collagene si forma e si organizza in robusti tralci fibrosi e in un panno spesso e aderente che circonda la zona sofferente. Un processo di guarigione che tuttavia limita e rende dolenti i movimenti. Si oppone a questo fisiologico effetto il movimento e la fisioterapia che "forzano" l'articolazione bloccata. In vacanza l'opportunità di nuotare o compiere movimenti in acqua rappresentano una validissima occasione per riabilitare spalle e gomiti bloccati da un intervento o da un infortunio. Ma è possibile pure sfruttare le tante occasioni di movimento offerte presso un agriturismo dove si partecipa ad attività di raccolta dei frutti o a piccoli lavoretti di campagna o di artigianato. Il movimento e lo sforzo approvati naturalmente dallo specialista di riferimento, che sia indirizzato alla raccolta delle fragole o alla lavorazione della creta hanno tuttavia un unico denominatore comune: vincere le aderenze e recuperare progressivamente la libertà del movimento.
* Ortopedia e Traumatologia
Specialista in Medicina dello Sport Roma

DA INSERTO SALUTE DE LA REPUBBLICA 4/6/2009
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