Malattie rare - prima difficolta' medico che le riconosca

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lorichi
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Malattie rare - prima difficolta' medico che le riconosca

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Malattie rare, la prima difficoltà
trovare un medico che le riconosca
Le testimonianze di malati che soffrono di patologie "poco" diffuse come la Sla, magari difficili da diagnosticare e spesso escluse dalle prestazioni del servizio sanitario nazionale; si aggiungono alle migliaia di racconti inviati a Repubblica.it per la prima ricerca di medicina narrativa sul webdi MAURIZIO PAGANELLI

ROMA - Alcuni le hanno "scoperte" da sé, facendo ricerche su internet. Altri hanno faticato anni prima di trovare il medico in grado di riconoscerle. Sono le persone affette dalle malattie rare, un altro spaccato di vite e drammi raccontati a Repubblica.it per l'iniziativa "Viverla tutta", la prima ricerca di medicina narrativa sul web realizzata i8n collaborazione con l'Istituto superiore di Sanità. Ecco di seguito alcune delle testimonianze inviate da malati e loro familiari.

La malattia che ho scoperto da sola - "Per oltre 25 anni sono stata convinta di essere l'unica al mondo a soffrire di un disturbo che nessun medico era in grado di diagnosticare. I sintomi erano dolori simili a cistite, ma senza infezione. Senso di peso, fitte acute e indolenzimento costante via via più accentuato nella zona pelvica lato destro. Stimolo forte, ma difficoltà alla minzione, come da impedimento meccanico o contrattura. Il dolore, sempre sul lato destro, spesso coinvolge la gamba, lungo plesso nervoso, anche fino al piede. Nel quadro si inseriscono anche frequenti episodi di vera cistite. Ho fatto ecografie, cistoscopie, urografia, uretrocistografia, Rx colonna, Tac, Rm, Pes, mielografia; ho subito una sovradistensione idraulica dell'uretra e una pelviscopia, entrambe in anestesia generale. Ad alcuni di questi esami sono stata sottoposta durante un ricovero ospedaliero di 20 giorni. I risultati erano negativi o comunque non in grado di mettere a fuoco la patologia.


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"Sono stata visitata da ginecologi, urologi, neurologi, ortopedici, che mi hanno prescritto infinite cure; nessuno ha capito il problema, qualcuno mi ha trattato come un'ipocondriaca. Non avendo alcun giovamento da queste cure mi sono rivolta a trattamenti alternativi: agopuntura, riflessologia plantare, shatzu, osteopatia, sedute metodo Mézière e Tomatis. Infine sono stata per 4 anni in analisi bioenergetica. Questi trattamenti mi hanno permesso di migliorare e tenere sotto controllo il dolore e di condurre una vita apparentemente normale. Durante un recente periodo di riacutizzazione dei sintomi, navigando in rete sono capitata in un sito dedicato alla patologia del nervo pudendo, dove ho trovato numerosi riscontri, anche allarmanti. Sono poi venuta in contatto con un urologo aggiornato in materia, che mi ha indirizzato al reparto di Multimedica a Sesto S. Giovanni dove c'è chi si occupa specificamente di questa patologia (che spero venga presto inserita nella lista delle malattie rare), definita CPPS (Cronic pain pelvic syndrome) o DPC (dolore pelvico cronico), e la diagnosi è stata confermata da Emg mirata. Seguo da un anno la cura farmacologica indicatami affiancata da alcuni mesi da un trattamento di FKT specifico, e la situazione è molto migliorata. Soprattutto, ora so di cosa soffro, che cosa devo fare, a quali specialisti competenti in materia posso rivolgermi. Pochi, perché i medici continuano a ignorare questa patologia, e di conseguenza anche i pazienti che ne soffrono".

Addio balli e viaggi insieme, è arrivata la Sla - "Da un mese a mio marito è stata diagnosticata la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Da quel momento la nostra vita insieme ha cambiato dimensione. Non faremo più un viaggio, non faremo più un ballo insieme, non andremo più al ristorante. La nostra vita di coppia si è trasformata in un rapporto malato-badante. Mi piacerebbe confrontarmi con altre donne nella mia stessa situazione".

Sla, lo Stato del tutto assente - "Mia sorella è malata di Sla con esordio bulbare da ormai 3 anni; sta lentamente entrando nella fase terminale. Devo dire che già la malattia è la peggiore che io conosca, ma a renderla ancora peggiore è l'assoluta assenza di interventi da parte dello Stato (al quale paghiamo le tasse) in favore di questi malati. La malattia è terribile, vieni mortificato giorno dopo giorno fino ad essere prigioniero del tuo corpo stesso, senza poterti muovere o parlare. Mi auguro che le istituzioni imparino ad acquisire sensibilità anche nei confronti di una piccola minoranza di malati, che peraltro sta aumentando sempre più di incidenza".

Sla, la cura olistica a Pechino - "Tanti malati sono considerati dalla nostra sanità 'vuoti a perdere', senza speranza di guarigione, affetti da malattie rare, oggi sempre meno rare, ma sempre più incurabili, malattie di cui si sconosce insorgenza e terapia. Sono i malati che in Italia nessun ospedale assiste, palleggiati fra day hospital, day service, ricoveri temporanei in residenze sanitarie assistite, nel caso migliore curati in casa (se si hanno i mezzi economici). Sono pazienti tormentati con analisi sofisticate che non hanno altro scopo che accertare il livello di progressione del male e l'irreversibilità della patologia, facendo intascare soldi a palate non si sa esattamente a chi. Sono pazienti su cui si fanno grandi profitti, fino ai limiti dell'abominio e della crudeltà, come rilevato dalle recenti intercettazioni di telefonate di una clinica palermitana su pazienti moribondi: 'Non gli faccio il farmaco, sono soldi buttati'.

"Sono storie di umiliazione e degrado, come quella del padre di un mio amico, che fu dimesso dall'ospedale in fin di vita e condotto, fra mille pene e difficoltà, in una casa per anziani (anche la moglie è malata e non poteva assisterlo) per morirci l'indomani mattina. Sono storie di amore ed eroismo, come quella di mio padre e mia madre, che ha resistito all'Alzheimer per dieci anni, accudita con gioia e allegria da mio padre: la sua dedizione le ha consentito di vivere per otto anni la malattia con ironia, circondata dall'amore di amiche e amici, che per lei organizzavano pranzi e feste e gite (voleva sempre andare a spasso). Sono storie di solitudine: in genere nessuno dei congiunti o degli amici accetta la malattia e il 'vuoto a perdere' si perde nel silenzio della sua solitudine.

"Sono storie di ostinata resistenza al dolore, di non rassegnazione, come quella che ora mi ha condotto, caregiver non più di mia madre, che è morta nel luglio di quest'anno, ma del mio compagno affetto da Sla, in un efficientissimo ospedale di Pechino, dove tentano di 'riparare i cervelli', applicando tutta la scienza della medicina occidentale con dedizione e determinazione tutte orientali, in una visione olistica e complessiva del corpo umano e delle sue malattie. Qui, senza spendere molto più di quanto si paga per non essere assistiti in Italia, per 'riparare i cervelli' un'équipe di medici con diverse specializzazioni collaborano e curano tutti gli altri organi, nel caso del mio compagno le disfunzioni renali, l'anemia che lo stava uccidendo, il fegato, l'ossigenazione del sangue. E pazienti su sedie a rotelle riprendono lentamente a camminare e bambini con masse muscolari atrofizzate muovono di nuovo le loro gambe e ricominciano a giocare e sorridere. Qui il malato non è mai 'vuoto a perdere' e a ogni suo sintomo e problema si dedica cura, attenzione, gentilezza, quella gentilezza che nel nostro mondo è ormai scomparsa, e si cerca lenimento. E qui ho scoperto che la malattia è un lungo cammino di ardimento e speranza".

Morbo di Addison, la vita a 22 anni - "Ho saputo di essere affetta dal Morbo di Addison quasi per caso e per fortuna prima di stare 'realmente' male grazie alla dottoressa che tutt'oggi mi segue e che considero il mio Angelo Custode in terra. All'inizio è stata veramente dura, sia per me che per la mia famiglia: io cercavo di non far preoccupare loro e loro cercavano di rendere il tutto meno pesante a me, ma sapere di avere una malattia rara, cronica e irreversibile che ti costringe a prendere cortisone a vita (con tutto ciò che di negativo ovviamente ne consegue) sapendo di rischiare il coma o addirittura la morte in qualsiasi momento, a soli 22 anni, non è semplice. Gradualmente ho imparato a conviverci, a non considerarla più una debolezza, ma a farne una forza che sprona ad andare avanti e fare sempre il massimo per dimostrare a se stessi e agli altri che se si vuole non esistono limiti!

"Oggi sicuramente guardo la vita con occhi diversi e le piccole cose, i piccoli problemi che prima mi sembravano insormontabili: adesso li affronto col sorriso perché è come se il peggio per me fosse passato, anche se so bene che non è così. Nonostante tutto, mi sento una ragazza fortunata, ho un grande problema, ma ho una grande famiglia e tante persone che mi circondano e riempiono d'amore e questo ormai è già tutto per me. Certo, non è sempre facile, i momenti in cui ti prende lo sconforto sono tanti, l'essere schiavi dei medicinali, dei tempi, degli orari è davvero pesante, ma non bisogna demoralizzarsi altrimenti diventa tutto vano. Soprattutto chi soffre della mia stessa malattia sa che l'importante è sì 'stare bene', ma soprattutto 'sentirsi bene'. E in questo ognuno di noi può dare a se stesso una grande mano! Vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore... ciò che vuoi... una vita è un'opera di teatro che non ha prove iniziali. quindi: canta, ridi, balla, ama... e vivi intensamente ogni momento della tua vita... prima che cali il sipario e l'opera finisca senza applausi".

La fatica quotidiana e una figlia malata - "Appartengo alle Forze dell'Ordine. Sono papà di una bambina affetta da malattia rara, in emodialisi e oggi in attesa di trapianto di rene. È dura. Anzi durissima. Mi rendo conto che i nostri governanti hanno altre magagne a cui pensare, ma non vorrei fare percepire questo mio grave disagio a mia figlia. Di guai e problemi ne ha tanti! Ma come fare? Come fare quando esaurirò il congedo dei due anni? Devo proprio sperare che sia vera l'imminente fine del mondo? Se questo avverrà, per i nostri cari governanti sarà la fine di una vita gloriosa, per me sarà la fine di un incubo che dura da una vita.

"Andare in prepensionamento, credeteci, non spassarsela o avere più tempo per organizzare le gite o le vacanze, avere la possibilità di lavorare e accudire mia figlia forse ansimando un po' meno o avere la possibilità di dormire qualche ora in più e magari avere meno episodi di pressione alta che ti fanno temere sempre il peggio; o forse, finalmente, potrò decidere di fare quell'intervento che ora rifiuto perché mi obbligherà qualche giorno a letto... forse... forse... non si può mettere per iscritto la normalità degli atti quotidiani che vorrei affrontare con la stessa serenità con cui li affronta la gente baciata dalla fortune di avere figli normali. Capisco, è difficile e anche scomodo mettersi nei panni degli altri. Scusate avrei voluto fare gli auguri a Voi Tutti, invece di parlare delle mie cose intime. Credo che altre famiglie italiane vivano questa situazione".

L'endometriosi esiste, ma non per lo Stato - "Sono una ragazza di 24 anni e da circa 10 soffro di endometriosi. I sintomi sono iniziati dal menarca, ma a causa delle credenze popolari sono stata portata da un ginecologo dell'Asl solo a 18 anni e solo per un colloquio durato 5 minuti dove mi sono sentita dire che era tutto normale e mi sono state prescritte gocce per la sindrome premestruale e mi è stato detto di mangiare tanti pomodori. Sei mesi dopo vengo portata in ambulanza da scuola al policlinico della mia città per emorragia. Dopo 12 ore ho firmato la dimissione volontaria perché mi sono sentita dire che non avevo niente, i dolori me li inventavo e l'emorragia me l'ero creata da sola. Quattro anni dopo mi reco presso una clinica privata e mi viene diagnostica la malattia, dopo nove mesi viene ritrattata e mi sento dire che la dottoressa si era sbagliata, che non avevo niente.

"Ora sono in cura presso un ospedale veneto, non ho più 1'ovaio, la tuba, pezzi di intestino. Sono celiaca, ma non mi passano i buoni per i prodotti perché l'endometriosi non è riconosciuta dallo Stato. Sono infertile e pure questa è una patologia a cui non viene dato un grande ascolto in Italia. E ovviamente tutto ciò che riguarda le mie cure, le mie visite, etc è tutto a carico mio perché lo Stato non mi passa niente perché ritiene milioni di donne affette da questa malattia cronica e invalidante, delle malate immaginarie!".

La leggerezza con cui si tratta il più debole - "Passata la domenica, poi ecco il lunedì e ancora nessuna chiamata da Bologna. Porto il mio bambino a scuola, ma prima preparo la colazione; a tavola tutto è apparecchiato, ecco arriva il piccoletto e cambio canale alla tv perché al mio piccolo piace vedere i cartoni. Io trangugio medicine e colazione poi mi vado a preparare, poi chiamo il piccolo e facciamo la doccetta, ci vestiamo e via verso la scuola. Bacio il mio piccolo e lo abbraccio forte poi lo saluto. Torno a casa, ma questa di oggi è una giornata dura. Sono giù di morale e piango perché mi sento una nullità di fronte a questo mondo che gira forte e tutti corrono per raggiungere i loro obbiettivi e io, come dice il mio compagno, è come se fossi in stand-by; mi sento sola, sola nella mia solitudine interna, sola di fronte a uno Stato che preferisce renderti nullo, sola di fronte a un'azienda che ti considera 'fuori': è come se già avessero fatto il mio funerale, ma io non ci sto!

"Però oggi piango e parlo col mio compagno che mi tiene stretta tra le sue braccia, gli dico che mi sento come se mi avessero svuotato il cervello con un cucchiaino, sono scarica... Le mie ferie e i permessi, mi dicono, sono esauriti. Non mi risulta. Ed è da aprile che sono malata......... Sono arrabbiata! La leggerezza e la superficialità delle persone nei confronti di chi è più debole è disarmante. Ma io finché avrò vita urlerò! Tra un po' dovrò vivere solo di 400 euro mensili, non avrò stipendio in quanto entrerò in congedo con la 104; la cosa ridicola è che le agevolazioni le hanno fatte per i parenti i quali non perdono lo stipendio, ma non per chi effettivamente avrebbe bisogno di un sostegno economico. Questa mattina vado avanti con i miei acquerelli di Recanati. Poi penso a ciò che ho saputo: la mia azienda essendo arrivata in Italia tra i primi 5 con Telethon avrà la possibilità di andare in Rai per parlare dell'iniziativa; e poi, quando la stessa azienda ha un caso di malattia rara, non se ne fa carico e non ti consente neanche il telelavoro. Assurdo! Belle facciate con arredi fradici".

Un figlio per un giorno, dolore senza nome - "Era una giornata di sole impietoso e vento, figlio mio, quando ti abbiamo accompagnato al cimitero. Tu avevi un giorno, io mi sentivo addosso più di mille anni. La vita ti ha rubato il futuro, ci ha rubato il futuro insieme. È per questo che ti scrivo, ora, per restituirti almeno il passato. In questa tomba grigia, dove ti lasciamo circondato da fiori bianchi, dormi insieme a tua nonna, morta di cancro quando ero bambina, alla tua bisnonna, morta in un incendio, alla tua trisnonna, uccisa dai nazisti, al tuo trisnonno, fondatore di un impero industriale dai piedi d'argilla. Prendo un'orchidea dalla corona che ti abbiamo lasciato, da tenere sul comodino, segno della tua presenza con me. I figli sono figli per sempre. Ma è un dolore senza nome quello che porto dentro ora, dopo essere stata nove mesi piena di te. I viali del cimitero sono deserti, ed era un piccolo corteo quello che seguiva la tua bara bianca, piccola, presa in braccio con gentilezza da un necroforo ignaro di te. Ti ho vestito con una tutina azzurra, con due coniglietti bianchi disegnati, e ti ho messo una cuffietta bianca, ricamata mano da mia nonna, che prima di te ho messo io, appena nata.

"Non dimenticherò mai le tue mani, bianche e sottili, dalle lunghe dita perfette, il tuo piccolo mento deciso, i tuoi occhi scuri che solo per un momento mi hanno guardata, il tempo di un benvenuto, e di un addio. La cosa più difficile figlio mio, è il sentirmi bloccata, come in un fermo-immagine. È sentire che la vita, la mia vita, a un certo punto, ha deviato dalla strada prevista, dalla strada "giusta", senza un motivo. E non sapere dove porterà. E allora mi rifugio, figlio mio, in un fermo-immagine perenne, un presente infinito, in cui mi sento rinchiusa, ma da cui non voglio fuggire. La tua assenza mi scava, mi sfoglia, mi denuda, minuto dopo minuto, strato dopo strato. Fino a quando? Mi separa dagli altri, come un vetro. Il mio dolore, è, ora, la casa dove io e te abitiamo, insieme".

da "repubblica, salute"
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Nonnalory
Una cosa alla volta un giorno dopo l'altro
Sono nata cieca. A volte sono triste, ma poi penso ai ragazzi meno fortunati di me, quelli che mi prendono in giro. A loro è andata peggio. Sono nati senza cuore.
Cecilia Camellini (Campionessa olimpica alle paralimpiadi 2012)
A noi la malattia ci fa un baffo!
http://anoilamalattiacifaunbaffo.blogspot.com/


Tutto inizia nel 1975 con lombosciatalgia bilaterale e curata come tale, senza alcun risultato, per 12 anni. Nel 1987 diagnosi di Sacroileite alla quale nel 2007 si è aggiunta una Pancolite (infiammazione cronica dell'intestino), da metà dicembre 2007 diagnosi di spondiloartrite (ogni tanto cambia il nome della malattia, quello definitivo pare essere enteroartrite) farmaci: balzide per l'intestino, azatioprina, e, al bisogno, cortisone e indometacina per l'artrite. Ad aprile 2010 intervento di artroprotesi 4° dito mano dx.
Da novembre 2014 problemi di calo linfociti con conseguente sospensione di azatioprina. Da meta' marzo 2015 iniziato metotrexate che pero' ho dovuto sospendere dopo due mesi per sopraggiunti effetti collaterali. Nel 2015 diagnosi di gastrite cronica sempre causata dai problemi autoimmuni. Da novembre 2016 ripreso azatioprina e si e' aggiunta la psoriasi. A conti fatti la diagnosi attuale sembra essere artrite psorisiaca con infiammazione intestinale e gastrite tutto riconducibile ad autoimmunita'


Amicizia è la capacità di dare senza chiedere nulla.E' la spalla su cui piangere, è una mano che stringe la tua e ti consola.E' anche la capacità di ascoltare i silenzi, grazie per aver ascoltato i miei
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