LUPUS ERITEMATOSO / LIBRO BIANCO

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LUPUS ERITEMATOSO / LIBRO BIANCO

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«Libro bianco» sul lupus eritematoso
Conoscere la malattia, che colpisce in giovane età e soprattutto donne, per migliorare l’accesso alla diagnosi e alle cure
di Maria Giovanna Faiella
3 REUMATOLOGIA
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Si stima che nel nostro Paese di lupus eritematoso sistemico soffrano circa 60mila persone, il 90% donne. Nella maggioranza dei casi questa malattia cronica e autoimmune a carattere sistemico si manifesta in giovane età, tra i 15 e i 45 anni, con pesanti ripercussioni a livello personale, sociale e lavorativo. Ma è ancora poco conosciuta anche dai medici di famiglia e spesso viene diagnosticata in ritardo. Mira a migliorare l’accesso alla diagnosi e al trattamento precoce della malattia il «Libro bianco» curato da Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e realizzato in collaborazione con gli specialisti, la Società italiana di medicina generale e le associazioni di riferimento dei pazienti, Anmar - Associazione nazionale malati reumatici e Les - Gruppo italiano per la lotta contro il lupus eritematoso sistemico.
Patologia femminile
La copertina del libro
La copertina del libro
Da un’indagine realizzata da Onda su un campione di 250 medici e 300 donne è risultato che il 20% delle intervistate ha dovuto accettare lavori part-time o abbandonare posizioni di responsabilità, il 35% ha rinunciato al lavoro a causa dell’impossibilità fisica a mantenere a lungo impegni, o per troppi giorni di malattia o a causa di ferie e permessi per sottoporsi a continui controlli. «Partendo dai risultati di quell’indagine - spiega Francesca Merzagora, presidente di Onda - è stato organizzato un tavolo tecnico con esponenti di società scientifiche e associazioni di pazienti allo scopo di capire come aumentare la conoscenza della patologia tra la popolazione e i medici di medicina generale, in modo da accelerare i tempi di diagnosi e migliorare l’accesso alle cure. Da qui il “Libro bianco”».
Svelare il «mistero»
«Il volume nasce dall’esigenza di sfatare leggende e creare certezze rispetto a una patologia che o è sottostimata o è demonizzata gettando nel panico il paziente - afferma Pier Luigi Meroni, direttore del dipartimento di Reumatologia dell’Istituto ortopedico Pini e della scuola di specializzazione di Reumatologia all’Università di Milano -. È vero che noi medici impieghiamo del tempo prima di fare la diagnosi perché la malattia è ingannevole, ma oggi ci sono marcatori più sensibili che consentono di individuarla in tempi più rapidi rispetto al passato. Progressi sono stati fatti anche rispetto alle terapie: oltre ai nuovi farmaci, sono usati meglio quelli “vecchi”, conoscendone gli effetti collaterali». Si è allungata l’aspettativa di vita, portare avanti una gravidanza non ha più le controindicazioni degli anni passati, anche se richiede un’attenta programmazione, ma il lupus rimane una malattia invalidante per i pazienti che ne soffrono soprattutto a causa della frammentazione dei percorsi di cura, dalla scarsa presenza sul territorio di strutture specialistiche di riferimento, della mancata offerta di percorsi gratuiti di assistenza psicologica.
Costi umani ed economici
«Ridurre i tempi della diagnosi, che avviene in media dopo due-tre anni dai primi sintomi, può significare bloccare l’evoluzione della malattia evitando, per esempio, che colpisca reni o polmoni - sottolinea Adele Zucca dell’associazione Les -. Essendo poi una patologia multidisciplinare, che richiede l’intervento di un team di specialisti, è necessario rivolgersi a centri di riferimento o a “Lupus clinic”, ambulatori dedicati dove i pazienti trovano l’assistenza di cui hanno bisogno, gli specialisti si parlano tra loro, esiste un ingresso “preferenziale” in caso di urgenza. Ma per chi soffre di lupus - continua Zucca - è importante anche l’assistenza psicologica per non cadere in depressione: oltre alla fatica eccessiva e al dolore costante, spesso si avverte anche un senso di solitudine e di isolamento». “Costi” non solo umani ma anche economici. «Le esenzioni per la patologia sono molto limitate - riferisce Zucca -. Dobbiamo pagare i ticket per alcuni farmaci e indagini diagnostiche, ma esami e controlli ad ampio raggio vanno fatti di frequente. Da anni c’è una proposta di modifica dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza. Stiamo ancora aspettando».
14 maggio 2014 | 11:18
DA "CORRIERE SALUTE"
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Nonnalory
Una cosa alla volta un giorno dopo l'altro
Sono nata cieca. A volte sono triste, ma poi penso ai ragazzi meno fortunati di me, quelli che mi prendono in giro. A loro è andata peggio. Sono nati senza cuore.
Cecilia Camellini (Campionessa olimpica alle paralimpiadi 2012)
A noi la malattia ci fa un baffo!
http://anoilamalattiacifaunbaffo.blogspot.com/


Tutto inizia nel 1975 con lombosciatalgia bilaterale e curata come tale, senza alcun risultato, per 12 anni. Nel 1987 diagnosi di Sacroileite alla quale nel 2007 si è aggiunta una Pancolite (infiammazione cronica dell'intestino), da metà dicembre 2007 diagnosi di spondiloartrite (ogni tanto cambia il nome della malattia, quello definitivo pare essere enteroartrite) farmaci: balzide per l'intestino, azatioprina, e, al bisogno, cortisone e indometacina per l'artrite. Ad aprile 2010 intervento di artroprotesi 4° dito mano dx.
Da novembre 2014 problemi di calo linfociti con conseguente sospensione di azatioprina. Da meta' marzo 2015 iniziato metotrexate che pero' ho dovuto sospendere dopo due mesi per sopraggiunti effetti collaterali. Nel 2015 diagnosi di gastrite cronica sempre causata dai problemi autoimmuni. Da novembre 2016 ripreso azatioprina e si e' aggiunta la psoriasi. A conti fatti la diagnosi attuale sembra essere artrite psorisiaca con infiammazione intestinale e gastrite tutto riconducibile ad autoimmunita'


Amicizia è la capacità di dare senza chiedere nulla.E' la spalla su cui piangere, è una mano che stringe la tua e ti consola.E' anche la capacità di ascoltare i silenzi, grazie per aver ascoltato i miei
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